giovedì 29 marzo 2012

L'UNGHERIA NON ABBASSA LA TESTA

A ben vedere non sono mancati i colori dalle manifestazioni che negli ultimi dieci giorni hanno sfilato per le strade del centro di Budapest. Il verde, il bianco e il rosso della bandiera ungherese erano facilmente individuabili, giacché orgogliosamente sventolati da decine di migliaia di cittadini magiari intenti ad esprimere appoggio al loro Governo, la cui rediviva sovranità è insidiata da quelli che gli ungheresi definiscono “burocrati dell’Unione europea”. Nulla di rivoluzionario, dunque, negli intenti di queste enormi folle di persone, bensì la volontà di affermare corrispondenza tra le scelte del Governo Orbán e le istanze del popolo. E’ per questo, evidentemente, che la stampa occidentale ha, se non ignorato, minimizzato l’entità o diffamato i contenuti di queste enormi manifestazioni. Là dove le folle brandiscono le proprie bandiere nazionali, sostengono i propri sovrani e decidono di non voler spalancare le porte dei propri confini alle ingerenze ...
... straniere, per i media occidentali mancano i crismi del politicamente corretto. Il principio che sta alla base delle scelte editoriali è semplice: se non è “rivoluzione colorata” (dai vessilli monocromatici del pensiero unico mondialista), non è legittimo parlarne. Desolante che questo selettivo e arbitrario principio finisca per nascondere all’opinione pubblica una realtà invece meritevole di venire approfondita, non fosse altro che per assolvere la funzione di imparzialità che dovrebbe qualificare la stampa. Una realtà molto vasta, stando ai numeri dei partecipanti a queste manifestazioni in solidarietà del Governo ungherese e contro l’Unione europea.
L’ultimo di questi appuntamenti si è registrato sabato scorso. Un gruppo di figure pubbliche – giornalisti, scrittori, accademici, imprenditori – vicine alle idee del partito di Governo Fidesz ha indetto un raduno, al centro di Budapest, per esprimere vicinanza al premier Orbán. L’iniziativa è stata definita “marcia della pace per l’Ungheria”, e ha avuto lo scopo di affermare “il progresso e l’indipendenza” della nazione magiara. L’adesione è stata gigantesca, la strada che collega la centralissima piazza degli Eroi al Parlamento si è trasformata in un fitto fiume di gente (stime parlano di almeno centomila partecipanti). Tantissime le bandiere ungheresi, ma anche tante le torce accese, le quali, nel buio del tardo pomeriggio, hanno reso suggestiva l’atmosfera. Tra i partecipanti anche Szilard Nemeth, sindaco del distretto di Csepel, a Budapest, il quale ha rivolto un appello al popolo affinché preghi per Orbán, in modo da difenderlo dagli “attacchi brutali” cui è sottoposto in questo periodo.
Il massiccio corteo di sabato scorso ha convogliato una serie di iniziative susseguitesi nei giorni precedenti, altrettanto espressive delle istanze di una larga fetta della popolazione ungherese. Il 14 gennaio, esattamente una settimana prima del grande raduno di sabato scorso, in strada era invece sceso il partito Jobbik, attualmente all’opposizione. L’iniziativa di Jobbik – caratterizzato da una linea fortemente nazionale e sociale, oltre che contraria all’Unione europea – ha riscosso un ampio successo, si parla di diverse migliaia di manifestanti. Dal palco della manifestazione Elod Novak, eletto in Parlamento tra le file di Jobbik, ha dato alle fiamme una bandiera dell’Unione europea, gesto seguito alle parole appassionate di un suo compagno di partito, l’europarlamentare Csanad Szegedi: “Questa settimana l’Ue ha dichiarato guerra all’Ungheria in modo aperto e violento”. E’ bene ricordare che Jobbik, partito che i media italiani bollano sbrigativamente come la deriva fascista di un marginale drappello di squinternati, è il secondo partito d’opposizione in Ungheria e, nelle elezioni del 2010, ha guadagnato 47 seggi in Parlamento.
L’Ungheria, tallonata da speculazioni finanziarie che rischiano di condurla al fallimento, vive giorni cruciali. La scorsa settimana l’Unione europea ha avviato una procedura d’infrazione nei confronti del Paese governato da Viktor Orbán. Quest’ultimo avrà nella giornata di martedì un incontro con José Manuel Barroso, presidente della Commissione europea, per cercare di appianare le controversie nate dopo l’entrata in vigore della nuova Costituzione ungherese. Una soluzione rosea per l’Ungheria è forse un bandolo di una matassa che Gabor Vona, leader di Jobbik, ha individuato in una strada ben precisa: “La parola torni ai cittadini, l’Ungheria deve uscire dall’Unione europea”. La grande partecipazione alle manifestazioni degli ultimi giorni dimostra che Gabor Vona è interprete di un pensiero molto diffuso tra il popolo magiaro.

sabato 3 marzo 2012

ALLA FACCIA DEL PARTITO UNITARIO!

Un «sei per tre» che non fa diciotto ma scatena...un quarantotto. La campagna elettorale del Pdl per le amministrative del 6 e 7 maggio entra nel vivo prim'ancora che vengano presentate le liste (termine il 2 e 3 aprile). Ed è polemica sul manifesto di sei metri per tre affisso da ieri, in città,, con slogan «Noi. Con Verona». Sul cartellone ci sono poi il logo del Pdl e i cognomi degli assessori comunali Bertacco, Sboarina, Padovani e dei consiglieri Elena Traverso ed Ederle, tutti ex An giorgettiani, e dell'assessore Polato, ex Forza Italia ala Brancher. Vale a dire, la quota del partito che, con la senatrice Bonfrisco, al congresso cittadino ha sostenuto Rupiani, ex Fi, alla segreteria cittadina, contro Davide Bendinelli. Questi aveva con sè l'ala ex Fi vicina al vicesindaco Giacino e agli assessori Montagna, Benetti e Di Dio, e ha vinto. E ora si candida ufficialmente a sindaco. La foto del manifesto ha fatto il giro di telefonini e web. Dal «sei per tre» del Pdl mancano dunque i consiglieri ex An Maschio, Lella e Lucia Cametti (in pista con la lista «Qui e adesso» con Fli) e i consiglieri comunali ex Fi (Papadia, Gasparato, Casali, Tacchella, Forte e Comencini). In pratica, tutti i vicini a Bendinelli e che si dice potrebbero passare in massa in liste civiche per Tosi. La Traverso sottolinea l'iniziativa: «Gli spazi per i manifesti li ho acquistati io, in accordo e condivisione, anche economica, con un gruppo di amministratori del Pdl con cui ho lavorato bene in questi anni creando anche un rapporto di amicizia. Li abbiamo comprati ben prima del congresso e rientrano nel quadro della normale attività di campagna elettorale. Anzi, mi auguro che altri esponenti del Pdl e il coordinamento cittadino facciano altrettanto». Aggiunge il consigliere: «Ricordo che alle regionali di due anni fa apparvero manifesti analoghi con i volti dei candidati del Pdl e nessuno sollevò obiezioni. Noi rappresentiamo un gruppo che si riconosce in pieno nel Pdl e in questi anni ha lavorato sodo per il bene di Verona. E ricordo che se la nostra città ha ottenuto risultati importanti non è merito solo del sindaco, ma di assessori e consiglieri che l'hanno affiancato».  Polato rincara la dose: «Sono orgoglioso di aver amministrato questi cinque anni con il Pdl», dice, «ottenendo risultati che lo stesso congresso ha sancito, visto che ho preso 600 voti. Il candidato sindaco? È un problema del coordinamento cittadino». Bendinelli però non la manda giù. «Prendo atto dei manifesti affissi senza condivisione del partito e sono molto amareggiato, perché lavoro da quando sono stato eletto coordinatore con spirito collaborativo e unitario», dice, «tant'è che per lunedì ho convocato il direttivo per ragionare sulle candidature a sindaco e giovedì ne avevo parlato con Sboarina, Polato e poi con Alberto Giorgetti e nessuno mi aveva detto dei manifesti. Questo è un atto estremamente grave verso di me», aggiunge, «che dimostra la totale inaffidabilità di quanti hanno deciso l'iniziativa. Se prima ero incerto, ora lancio la mia candidatura a sindaco». Trazzi, vicario di Bendinelli: «Questi manifesti sono una presa di posizione di rottura, alla vigilia di lunedì. Ora Bendinelli è legittimato a candidarsi». Il coordinatore regionale Alberto Giorgetti sta però trattando con l'Udc e il Terzo Polo e il profilo del candidato unitario sarebbe di un esponente di area cattolica, esterna ai partiti. Papadia glissa, sui manifesti: «Ognuno spende i soldi come vuole. Io ho un mutuo da pagare».
http://www.larena.it/stories/dalla_home/339080_elezioni_ora__scontrototale_dentro_il_pdl/

venerdì 2 marzo 2012

UNA VOLTA ERANO ALLEATI

Manca un mese esatto alla presentazione delle liste alle elezioni amministrative del 6 e 7 maggio (termine per le liste il 2 e 3 aprile) e sale la febbre nel centrodestra per trovare il candidato o i candidati sindaco anti-Tosi. Dal coordinatore regionale del Pdl Alberto Giorgetti parte però un siluro nei confronti del presidente della Regione Zaia, leghista alleato con il Pdl, che a Verona ha lanciato la volata a Tosi ricandidato. «Le sue parole tendo a minare l'alleanza in Regione», dice Giorgetti. E mentre il Pdl è ancora al toto-candidato e anche nell'Udc, nell'ambito del Terzo Polo Lucia Cametti, consigliere comunale del Pdl, ex An, incassa a Roma la fiducia di Fini, Bocchino e Menia come papabile per la carica di candidato sindaco di Futuro e Libertà e, forse, anche del Terzo Polo, di cui fa parte l'Udc e Api. Lo stesso Terzo Polo, fra l'altro, potrebbe allearsi con il Pdl e i moderati all'interno di un progetto di Ppe. Giorgetti pone intanto un chiaro altolà a Zaia. «Le sue dichiarazioni, in piena campagna elettorale, invece di rasserenare sulla tenuta dell'alleanza fra Pdl e Lega in Regione tendono a minarla», dichiara. «Mi riferisco in particolare alla dichiarazioni di Zaia sulla tesoreria», aggiunge, relativamente all'intimazione della Regione al tesoriere regionale, Unicredit banca, di inviare soldi a Roma, al fine di lasciarli in Veneto. «Ancora una volta queste dichiarazioni sulla tesoreria sembrano dare l'idea che i soldi pubblici siano prerogativa della Regione Veneto e non un diritto fondamentale di tutti i cittadini italiani e veneti. È evidente che il Governo Monti non ha mai messo in discussione la quantità e la certezza delle risorse disponibili per i veneti. Credo che Zaia», conclude Giorgetti, «farebbe meglio nei prossimi giorni a tenere un profilo istituzionale e meno fazioso rispetto alla prossima campagna elettorale, così come il presidente Formigoni per la Regione Lombardia». Il Pdl stesso sta lavorando a una propria candidatura a sindaco e lunedì si riunirà il coordinamento cittadino per vagliare le ipotesi sul tavolo. Vale a dire, quello dello stesso coordinatore Bendinelli, consigliere regionale, ala ex Forza Italia, del presidente del Consiglio comunale Fratta Pasini, ex Fi e poi dell'ex An Alberto Giorgetti stesso e degli assessori Bertacco e Sboarina, entrambi vicini a lui, ma anche all'ala ex Fi del partito vicina al deputato Aldo Brancher, alla senatrice Bonfrisco e all'assessore Polato. «Sarà il coordinamento a esprimersi e a dare un'indicazione al partito sulla candidatura», dichiara Bendinelli, che ha il nodo, però, di quelli che l'hanno sostenuto al congresso e potrebbero lasciare il Pdl per la Lista Tosi. A Roma intanto Lucia Cametti, che ha già presentato la sua lista «Qui a adesso», ha incontrato a Roma, alla Camera, — con il coordinatore veneto di Fli Giorgio Conte, il provinciale Flavio Amicabile, il cittadino Tomas Piccinini e con Roberta Vezza — Fini, Menia e Bocchino, i vertici di Fli. Subito dopo, sempre presente Fini, ha parlato con il segretario dell'Udc Cesa e il portavoce nazionale del partito De Poli, segretario dell'Udc veneto. «Ho dato il programma della mia lista a Fini, che lo ha apprezzato. Mi sono detta disponibile a essere la candidata di Fli e anche del Terzo Polo, facendo confluire la mia lista». L'Udc, però, sta pure lavorando a una propria candidatura a sindaco. In prima fila c'è il coordinatore cittadino dell'Udc, Marco Vicentini. L'ipotesi Lucia Cametti come candidata del Terzo Polo? «L'Udc sta valutando», dice De Poli. «Ci sono anche altri nomi come Valdegamberi», che però si sarebbe ritirato, «e altri autorevoli esponenti della società civile. Sono fiducioso e convinto che il confronto con il Terzo Polo sarà comunque costruttivo».
http://www.larena.it/stories/dalla_home/338354_giorgetti_a_zaiaregione_a_rischio/