martedì 31 gennaio 2012

NO A FORZA ITALIA 2, SI' AL PDL UNITARIO

«Vogliono ricreare Forza Italia? Facciano pure, noi crediamo nel partito unico e nel Pdl di Angelino Alfano e Giorgia Meloni». Alessandro Benigno, presidente provinciale di Giovane Italia, replica così alla fuga in avanti dei suoi colleghi di partito che sabato scorso, come riportato sulla stampa, hanno chiesto a Giancarlo Galan di farsi nominare commissario e di ridare vita a Forza Italia. È l’ennesima spaccatura tra le due anime del partito: quella di origine aennista (Benigno) e quella che viene da Forza Italia (la richiesta è arrivata per voce di Mariano Randon). Che, sia a livello giovanile che nel Pdl vero e proprio, sembrano ormai sempre più distanti.
«Io con loro ho sempre cercato il dialogo: Randon ha iniziato a fare politica con me. Adesso però c’è una parte che ha deciso di proporsi come i giovani di Galan e, a Vicenza, della Sartori. Dico così perché la vecchia distinzione tra chi viene da An e chi da Forza Italia non rispecchia la situazione: ci sono tanti giovani ex forzisti che fanno politica con noi. È un contrasto tra due modi di intendere la politica: la loro è verticistica, vogliono violentare la democrazia della base proponendo dei commissariamenti. Perché in un partito il momento democratico è quello dei congressi».
Voi dite che loro sono i giovani della Sartori: vi si potrebbe rispondere che voi siete quelli di Berlato.
«No. Sulla base della mozione congressuale che ha presentato, condividiamo il progetto di Berlato basato su meritocrazia, partecipazione, rinnovamento dei quadri dirigenti. Ma non siamo i Berlat boys, e infatti capita spesso che emergano posizioni diverse. Non siamo eterodiretti, come invece capita a loro. Vogliono tornare al 1994 e rifare forza Italia con Galan? Facciano pure. Noi siamo nel Pdl con Alfano e la Meloni».
A livello numerico, com’è la situazione nel Vicentino tra le due componenti?
«Non c’è un tesseramento giovanile. Ma noi siamo senz’altro maggioritari. Anche perché siamo attivi da molto più tempo»
Vi accusano di estremismo, alludendo forse a episodi come quello delle bandiere Rsi e saluti romani. Cosa rispondete?
«Quella era solo una provocazione contro Variati. Quando usano questa storia vuol dire che davvero non hanno argomenti. Sono molto più reazionari loro che vogliono tornare al 1994 e riproporre Galan di quanto possiamo esserlo noi».
Ma questa storia del fascismo, del neofascismo, del postfascismo torna sempre fuori, non è un’invenzione degli avversari o dei media.
«Non è un problema nostro, ma di chi ci rivolge certe accuse. Noi siamo giovani del nostro tempo e basta, e voglia occuparci dell’Italia del terzo millennio, non di qualcosa che non esiste più. Trovo assurdo chi si definisce anti-fascista, in quanto si pone contro qualcosa che non esiste; così come trovo assurdo chi si definisce fascista, perché è una realtà che non esiste più»
Loro penserebbero di tornare a Forza Italia. Non è che voi volete tornare ad Alleanza nazionale?
«No. Ormai nel Pdl le varie componenti si sono fuse. Quella che viene dalla destra sociale, quella laica, quella di Cl, quella sacconiana. Noi crediamo in questo Pdl».
http://www.nuovavicenza.it/2012/01/benigno-giovani-pdl-no-a-forza-italia-2/

domenica 29 gennaio 2012

SEI COMUNISTA? TI PERDONANO TUTTO

Sei un simpatico giovanotto comunista dedito alla violenza ed agli scontri con la polizia? Nessun problema, arrivano subito i tuoi compagni più grandi a liberarti dai guai...Leggete un po' questa lettera di solidarietà ai rossi recentemente arrestati per i reati commessi durante le manifestazioni contro la Tav:

Semplicemente solidale con Zeno e gli altri arrestati.Ma con Zeno in particolare che conosco come ragazzo intelligente, pacifico e generoso.Zeno è un amico ed è stato mio compagno in tante iniziative e lotte qui a Verona contro le ingiustizie.Non c'è notarella poliziesca del Dott. Iacarino o calunnia mascherata da pezzo giornalistico di A. Vaccari che mi faccia cambiare idea.Con Zeno sono stato anche In Val di Susa nel luglio scorso, e, al contrario dell'accusa che lo ha imprigionato, allora non ho visto niente di diverso fatto da Zeno se non un aiuto concreto ai valligiani per difendere il loro territorio da un'occupazione militare finalizzata alla devastazione ambientale.In quest'Italia in cui corrotti e mafiosi non solo girano per le strade ma siedono in parlamento; in quest'Italia in cui poliziotti violenti ricevono promozioni od encomi; in quest'Italia in cui ai fascisti viene permesso di organizzarsi, fino a poter liberamente compiere omicidi (Tommasoli, Samb Modou, Diop Mor, e molti altri); in quest'Italia, chi ha il coraggio di lottare per difendere i territori violentati dalle incursioni dell'interesse economico, chi ha il coraggio di stare a fianco dei senzacasa e dei migranti, chi ha agito quotidianamente per difendere i beni comuni, chi ha speso tanto del proprio tempo e della propria energia contro le ingiustizie... chi ha avuto il coraggio di fare tutto questo ha ricevuto in passato botte e minacce e si trova oggi sbattuto in prigione dal team di magistrati coordinato da uno facile ai teoremi contro i movimenti, Caselli, e sui giornali da una "giornalista" che lo accusa di essere un pericoloso violento, forse quasi un terrorista (per la cronaca ricordiamo a questa giornalista che Zeno non ha al momento nessuna condanna!).Tristezza e rabbia.Ma tant'è. Non credano i Caselli, le digos, le Vaccari di ridurre al silenzio le lotte. Nè in Valsusa né altrove questo accadrà.Chi esulta per l'arresto di Zeno è solo un poverino, nient'altro.Ciao Zeno, ci rivediamo fuori di lì.

Gianluca Coeli (insegnante)

sabato 28 gennaio 2012

IL SOLITO ANTIFASCISMO IDIOTA

Avanti di questo passo e finirà che qualcuno, al ristorante, si metterà a gridare: «Cameriere, presto, c’è un fascista nella mia minestra». Pare infatti - leggendo i giornali - che negli ultimi tempi spuntino uomini neri un po’ dappertutto: l’Europa intera e l’Italia soprattutto sembrano  colpite da un’epidemia antidemocratica, con contorno di scarponi chiodati. Ieri Sette, il settimanale del Corriere della Sera, sparava in copertina un titolo inquietante: «L’orda nera», illustrato da una foto di due neonazisti americani a braccio teso e bandierona con la svastica. Che c’entrassero non si capisce bene, visto che il servizio - firmato da Ferruccio Pinotti - si riferiva al Vecchio Continente, ma tant’è. L’importante era comunicare al popolo italico che «l’internazionale di destra, complice la crisi dell’Euro, sta crescendo» e «si appoggia a una misteriosa struttura europea». Le ginocchia già tremano al pensiero della Spectre cameratesca, di cui Sette sunteggia il programma, il quale «spazia dal rifiuto dell’immigrazione alla lotta contro l’espansione dell’islam; dal recupero della tradizione cattolica (...) fino alla lotta contro le liberalizzazioni del governo Monti, facendosi carico delle istanze popolari». Se  l’Internazionale nera si presentasse con un programma del genere probabilmente farebbe il pieno di voti.
L’articolo tuttavia veleggiava su toni ansiogeni, mischiando in un unico calderone legami tra post fascisti e  camorra, «intrecci tra estremismo nero, banda della Magliana e finanza sporca». Seguiva un profluvio di  nomi e cognomi, cioè il solito elenco di ex estremisti neri (da Delfo Zorzi a Roberto Fiore), un bel rimpastone di ciò che da anni si legge sull’argomento «rigurgito fascista». Spuntava perfino  Licio Gelli.   A completare il quadretto, ecco la foto dell’ennesimo ciccione americano in tenuta nazistoide e un articolo su Casa Pound in cui il cronista scrive terrorizzato: «Non mi capita spesso, ma lo confesso: ho paura», perché ha visto due militanti stringersi gli avambracci nel saluto del legionario.
LE ARMATE DEL FASCIO
Da due giorni a questa parte, poi, il Fatto quotidiano mette in guardia a proposito del ritorno delle «Ombre nere», riesumando una vicenda del 2009 in cui sarebbe coinvolto il figlio di Gianni Alemanno (allora 14enne). Il giornale travagliesco dedica pagine intere a una spaventevole «aggressione fascista», in cui furono coinvolti «13enni e 14enni» e forse un paio di  quasi maggiorenni. Insomma, ci sono armate del fascio ovunque. C’erano, scriveva ieri Vito Mancuso su  Repubblica, fuori dal teatro Franco Parenti di Milano a manifestare contro lo spettacolo di Romeo Castellucci Sul concetto di volto nel Figlio di Dio. Ci sono «dietro» il movimento dei Forconi.    Secondo l’Unità «a cavalcare la rabbia sono anche esponenti di Forza Nuova»; per il solito Fatto «dietro» la protesta ci sono «estrema destra, mafia e massoneria».  Con tutta ’sta gente dietro i tir, sfido che si creano le code.     Tutto fa brodo per sostenere che il fascismo è alle porte: dai saluti romani a un concerto del console  Mario Vattani alle lamentele dei tassisti romani (di cui si ricordano le braccia tese a favore di Alemanno). A che pro sventolare lo spauracchio dei camerati? Semplice, caduto Silvio e sepolto - almeno per ora - l’antiberlusconismo, è indispensabile costruire un nuovo nemico.
Con poca fantasia, si va dunque a pescare nella galassia destroide italiana e non, senza distinguo alcuno. Si leggono, per esempio, cose orribili sulla destra ungherese: beh, ne abbiamo lette di  peggiori a proposito di Berlusconi. La creazione del nemico procede così: per stereotipi e sentito dire. È curioso notare, poi, come il Cavaliere venisse accusato di aver resuscitato il fascismo, sdoganando i «neri» (come sostiene un libro appena uscito: Ripuliti, di Davide Nalbone e Giacomo Russo Spena). Ma  se il fascismo era già risorto con lui, come fa a risorgere pure oggi a causa del governo Monti? Misteri della dietrologia. Attenti, dunque, i camerati sono ovunque: sul camion, in taxi, per strada, ovunque c’è caos. E se i vostri figlioletti mettono a soqquadro la camera, occhio: potrebbero essere fasci pure loro.
Francesco Borgonovo
http://www.liberoquotidiano.it/news/920291/E--sparito-il-nemico-Berlusconi-Spuntano-i-fascisti-immaginari.html

mercoledì 25 gennaio 2012

UNA VOLTA L'ITALIA AVEVA LA SOVRANITA' NAZIONALE...

La politica estera di Berlusconi era fondata sulla ricerca di soluzioni all’emergenza energetica. Si strutturava su tre assi di relazioni privilegiate con Russia, Turchia e Libia. Ovviamente la stampa pre-montiana lo accusava per questo di essere in combutta con autocrati, califfi e raìs. Fatto sta che ci davano il gas. Un altro pallino del centrodestra era di tentare di riavviare la produzione di energia nucleare, per supplire alla carenza di fornitura nazionale e diminuire l’importazione – a carissimo prezzo – della stessa energia prodotta in Francia e Slovenia. Un referendum popolare agitato dai fantasmi di Fukushima ci ha riconsegnato al medioevo energetico al quale ci aveva condannato il precedente referendum dell’87. Le congiunture politiche stanno per costringerci a rinunciare alla fornitura indispensabile di greggio che proviene dall’Iran, sotto embargo per il sospetto che stia fabbricando inutili e dispendiose armi nucleari. In realtà è più ragionevole pensare che si stia affrettando a garantirsi energia nucleare sufficiente ad un grande balzo produttivo che ne faccia una potenza a livello regionale e gli consenta di fare del suo greggio un prodotto di scambio di immenso valore. Per produrre, trasportare e vivere è indispensabile energia, in abbondanza e a basso costo. L’aumento della benzina operato dai tecnici per fare cassa è il peccato originale di un governo che non potrà fare nulla per il rilancio e lo sviluppo. Avremo negozi aperti tutta la settimana, ma i prodotti italiani costeranno più di ogni altro e non avremo la benzina per andarci.
Marcello De Angelis
http://www.secoloditalia.it/stories/Politica/2429_senza_energia_e_senza_benzina_non_si_produce/#.TyAShNmNSI4.facebook

sabato 21 gennaio 2012

SEMPRE E SOLO CLIMA DI TENSIONE

Ieri tentata aggressione contro alcuni militanti della destra giovanile fiorentina. Questo il comunicato ufficiale della Presidenza Cittadina e della Presidenza Provinciale della Giovane Italia e della dirigenza dell'associazione Casaggì Firenze: “Quest'oggi, attorno alle ore 14.00, alcuni militanti della nostra struttura sono stati riconosciuti da alcuni studenti in uscita dal Liceo Capponi in Piazza Frescobaldi, i quali hanno immediatamente chiamato, via telefono, militanti più anziani dell'estrema sinistra attiva nel quartiere di San Frediano e nelle facoltà universitarie del centro storico. Dopo pochi minuti, i ragazzi della Giovane Italia e di Casaggì si sono trovati a fronteggiare circa cinquanta individui, alcuni dei quali armati di cintura ed uno in particolare munito di coltello. L'arrivo sul posto di due auto della Polizia Municipale hanno impedito lo scontro, ma ciò non toglie nulla al clima che in questi ultimi tempi si sta alzando in città per volontà di certa sinistra. Non rientra nel nostro costume ricorrere al vittimismo, né tantomeno alimentare questo clima di odio, ma non possiamo più tollerare violazioni alla nostra libertà di espressione e di movimento. Le istituzioni democratiche e chi amministra il nostro territorio devono adoperarsi per garantire la libertà di espressione di tutti, isolando chi predica l'odio e la violenza come forma di lotta politica”.

venerdì 20 gennaio 2012

VIVA LA COERENZA!

Questa l’hai assunta, stabilizzata, ben pagata (92.000 EURO!!! ALL’ANNO) e promossa addetto stampa del capo!
Ma era brava, non raccomandata. Quindi era giusto dare una mano da 92.000 euro a una giovane, nipote del Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, figlia di Massimo, lo scomparso fratello architetto del capo dello Stato.
Susanna Napolitano, classe 1956, è nipote di Giorgio Napolitano, in quanto figlia di Massimo, lo scomparso fratello architetto del capo dello Stato. Giornalista, già redattrice del servizio stampa regionale, l’11 marzo è stata nominata da Nichi Vendola sua addetta stampa. Come da delibera regionale, contestuali sono la promozione a caporedattrice e un «superminimo forfettario », con un compenso di 91.701 euro lordi l’anno, suddiviso in 13 mensilità.
Beh se non ci si aiuta fra compagni Buona Primavera!

martedì 17 gennaio 2012

ITALIANI FREGATI DAI FRANCESI

«SPQR: Sono Pazzi Questi Risanatori», ridono i francesi di Bnp Paribas, facendo il verso ad Asterix, se pensano a certe cartolarizzazioni all'italiana: traffico di coca e d'armi a parte, dove lo trovi un investimento che renda in 7 anni oltre il doppio del capitale come la caserma «Miale» di Foggia? Una pazzia da manuale. O da inchiesta penale. 
«Tesoro: immobili; no "svendopoli", cambio d'uso per valorizzare», titolava l'Ansa il 23 agosto 2001 spiegando che Giulio Tremonti voleva risanare i conti a partire dalla vendita di migliaia e migliaia di edifici di proprietà pubblica come certi edifici militari nel quartiere Prati di Roma e tanti altri sparsi per la penisola. Un anno dopo, un'altra Ansa spiegava che era in arrivo «la più grande cartolarizzazione mai fatta in Europa».
Si è trattato, in realtà, di due percorsi paralleli. Uno seguito con l'obiettivo di vendere, nelle più rosee speranze, 90 mila immobili di vari enti pubblici e portato avanti attraverso la costituzione di un paio di società in Lussemburgo («Con un capitale di 10 mila euro, due fondazioni olandesi come azioniste e un cittadino scozzese di nome Gordon Burrows alla presidenza», rivelò l'Espresso ) dal nome sventurato (Scip: Società cartolarizzazione immobili pubblici) ideale per i titoli giornalistici sugli edifici «scippati». L'altro con la parallela dismissione di strutture militari.
Quale sia stato l'esito della prima operazione lo hanno spiegato varie inchieste giornalistiche («un saldo negativo di 1,7 miliardi») e il procuratore generale della Corte dei Conti Furio Pasqualucci. Il quale un paio d'anni fa, bollando il risultato come «poco lusinghiero» (disastroso, con parole non «magistratesi») invitò chi volesse insistere a pensarci settanta volte sette giacché una nuova «alienazione deve essere attentamente dosata nel tempo e studiata in modo da conseguire risultati migliori di quelli derivanti dalle recenti cartolarizzazioni che a fronte di un portafoglio di 129 miliardi, ha fruttato ricavi per 57,8 miliardi, con un rapporto ricavi/cessioni pari al 44,7%». Molto meno della metà.
Quanto alle caserme, il tragicomico esempio foggianoè illuminante. Dovete dunque sapere che a Foggia, a due passi dalla facoltà di Giurisprudenza e a poche centinaia di metri dal cuore storico che ruota intorno alla cattedrale barocca della Beata Maria Vergine Assunta in cielo, c'è un grande edificio ottocentesco ancora in ottime condizioni, la «Caserma Miale da Troia».
Nelle foto dall'alto e su Google Maps è inconfondibile: è il palazzo più grande del centro cittadino. Elegante, tre piani, si sviluppa su circa 16 mila metri quadri coperti e ha un cortile interno di altri 6.500, pari (si calcola com'è noto il 25%) a un totale di 17.625 metri quadri. Valore? Altissimo, dice l'attuale proprietario trattando la vendita all'Università di Foggia: dove lo trovi uno spazio altrettanto grande e appetibile nel cuore del capoluogo?
Eppure grazie alla «cartolizzazione» tremontiana, quel proprietario, il Fondo «Patrimonio Uno» gestito dai parigini di «Bnp Paribas Rei Sgr», comprò poco più di sei anni fa quel ben di Dio (all'interno di un pacchetto con altri edifici) per una cifra intorno agli 11 milioni di euro. Pari, per capirsi, a circa 624 euro al metro quadro. Un affarone.
Affarone raddoppiato dalla decisione parallela del ministero degli Interni di prendere contestualmente in affitto la caserma venduta dal Demanio per poterci lasciare dentro la Scuola di polizia fino al 2023. Canone concordato: un milione e 160 mila euro l'anno. Facciamo i conti in tasca ai francesi? Comprata per 11 milioni, la caserma avrebbe loro fruttato in soli 18 anni (un battito di ciglia, per una banca) la bellezza di quasi 21 milioni di affitti (per l'esattezza 20.880.000) dopo di che sarebbe rimasta comunque loro la proprietà rivalutata.
Rovesciamo le parti? Lo Stato italiano fece la parte del giocatore impazzito che, rovinato dal demone febbrile della roulette o del poker, svende a un usuraio la casa in cui vive per prenderla poi in affitto a un canone stratosferico. Un delirio. Ma l'ingloriosa avventura finanziaria della Miale non era ancora finita. Due anni dopo (solo due anni!) aver firmato il contratto di vendita e di affitto, infatti, il Viminale ha deciso che la Scuola di polizia, lì dove stava, a quei prezzi, non gli serviva più. E l'ha chiusa. Risultato: l'edificio è oggi utilizzato solo in minima parte (diciamo un dieci o al massimo un quindici per cento) per la mensa della Questura, per una foresteria di poche stanze e per le esercitazioni del poligono di tiro. E intanto i cittadini italiani continuano a portare sul gobbo il canone stratosferico di 96.666 euro al mese: 3.178 al giorno.
A metterci una pezza, come dicevamo, è arrivata l'Università di Foggia. La quale, come spiega il rettore Giuliano Volpe, il primo a essere scandalizzato per la vicenda, potrebbe trarre «enormi vantaggi dall'acquisizione di questa struttura (nelle immediate vicinanze delle Facoltà di Giurisprudenza e di Economia), per la sistemazione del Rettorato, dell'amministrazione centrale e poi di aule, laboratori, servizi agli studenti, residenze e così via». L'altro ieri se ne è discusso al Cipe e grazie ai «fondi Fas» nell'ambito del «Piano per il Sud» pare che la cosa, per la quale anche Nichi Vendola si è speso molto, possa andare in porto.
Prezzo concordato per il «riacquisto» da parte dello Stato: 16 milioni e mezzo di euro. Cinque e mezzo in più di quelli ricavati dalla vendita del 2005. Ma poi, ammiccano i francesi fregandosi le mani, c'è da contare gli affitti incassati in questi sei anni e passa. Facciamo cifra tonda? Sette milioni di euro di canoni. Per un totale (16,5+7) di 23,5 milioni. Il doppio abbondante di quanto era stato investito. Visto dalla parte nostra: abbiamo fatto la parte dei baccalà. Ammesso, si capisce, che si sia trattato di baccalà sventurati ma in buonafede e non baccalà furbetti ingolositi da qualche «esca» inconfessabile...
E dopo aver visto svendere ai soliti «amici» attici a San Pietro da 113 mila euro e case al Colosseo da 177 mila e poi caserme come la Miale con le modalità descritte vogliamo venderci ancora i gioielli di famiglia? O cambia tutto o mai più, così. Mai più.
Gian Antonio Stella

lunedì 16 gennaio 2012

C'E' ANCHE CHI DICE NO AD EQUITALIA

Il sindaco di Calalzo, Luca De Carlo, originariamente di Alleanza Nazionale, ma “indipendente”, come dice a Libero, ha deciso che il suo Comune poteva fare a meno della società pubblica per riscuotere le tasse. E con l’addio ad Equitalia il Comune ha risparmiato anche ventimila euro.
“Quando sono stato eletto, il servizio di riscossione dei tributi era esternalizzato proprio a Equitalia, sia per quanto riguarda i tributi ordinari, tipo la tassa sui rifiuti e quant’altro, sia per le riscossioni coatte. Noi abbiamo subito deciso di tornare a occuparci direttamente dei tributi ordinari, e già così abbiamo calcolato un risparmio di circa 20mila euro all’anno”.
Per la riscossione coatta, quella che spesso porta a sanzioni per il cittadino inadempiente, “dalla fine di novembre ci siamo ripresi anche quella. Abbiamo incaricato la Comunità montana Valbelluna, che già da anni lavora nel campo. E però, di fatto, il cittadino può venire qui, in Comune, a parlare della sua eventuale situazione di difficoltà”.
In realtà una legge del 2011 che prevede che i Comuni non si appoggino ad Equitalia per la riscossione dei tributi esiste. Solo che nessuno la mette in pratica. “Sono tanti i miei colleghi che, su questo punto, si mostrano refrattari. Anche la stessa Anci. Posso pure comprenderli: delegando l’incasso delle imposte a Equitalia ci si toglie una bella grana. Senza contare che, nelle grandi città, diventa molto più complicato impostare rapporti personali fra istituzioni e cittadini. Ma attenzione, non è che da noi gli imbroglioni siano più tollerati. Anzi: io conosco tutti i 2.250 residenti del Comune che amministro, le situazioni familiari, gli eventuali disagi, ogni tipo di problema. Impossibile che qualcuno possa fare il furbo. E però proprio per questo motivo non mi sembra giusto nascondermi dietro le cartelle esattoriali di Equitalia, che troppe volte rischiano di affossare definitivamente una difficoltà magari passeggera – e qui bisogna però precisare che non esiste alcuna comprensione per quei cretini che minacciano o mettono le bombe. In ogni caso, chi ha un problema deve venire da me, in municipio. E una soluzione si trova. Inoltre in questo modo per quanto riguarda i tributi ordinari, i cittadini pagano addirittura più puntualmente. Se non gli mandi l’esattore, che naturalmente applica i regolamenti senza alcuna cognizione, tutto diventa più gestibile. La gente si rende conto che i soldi delle imposte vanno poi a vantaggio di tutti. Anche loro”.
http://www.blitzquotidiano.it/

sabato 14 gennaio 2012

DORMITE SONNI TRANQUILLI...COME LORO!

La crisi economica non ci spaventa più. Adesso al governo ci sono i tecnici, che lavorano tutto il giorno per salvare il nostro Paese dalla catastrofe. Non ci credete? Guardate un po' la foto sopra...

venerdì 13 gennaio 2012

CHI MANOVRAVA LE BRIGATE ROSSE?

Chi manovrava le Brigate Rosse? è un libro interessantissmo, scritto molto bene dal giudice Rosario Priore e dal giornalista e saggista Silvano De Prospo. (edizioni Ponte alle grazie, euro 14,60)
Lo possiamo annoverare tra le opere che aiutano seriamente a ricostruire la storia degli anni di piombo, insieme con Intrigo internazionale, dello stesso Priore e di Giovanni Fasanella (ed. Chiare lettere), con Il misterioso intermediario di Giovanni Fasanella e di Giuseppe Rocca (ed. Einaudi), con Che cosa sono le BR, di Alberto Franceschini, loro fondatore (ed. BUR), con La peggio gioventù del capo brigatista Valerio Morucci (ed. Rizzoli), con Strage all'italiana di Valerio Cutonilli e Luca Valentinotti, autori anche del più dettagliato Acca Larentia, quello che non è mai stato detto (entrambi ed. Trecento), con Dominio incontrollato di Filippo Ghira (ed. Fuoco) e con il nostro Quel domani che ci appartenne (ed. Barbarossa).
L'inchiesta si snoda dagli albori della lotta armata fino al suo tramonto e mette in luce tutte le manipolazioni e tutti gli intrecci nazionali e internazionali che fecero da sfondo alla costituzione delle Brigate Rosse fino alla loro etero-direzione, un'etero-direzione che ancor oggi non si sa quanto sia stata parziale né quanto univoca.
La chiave di leettura è che l'etero-direzione avvenne da Parigi, con copertura francese ad opera del pioniere della lotta armata, Corrado Simioni, considerato il vero capo delle BR e dello stesso Mario Moretti. E la Francia avrebbe utilizzato le BR in chiave anti-italiana.
Il documento è imperdibile anche perché non si limita ad una lettura più o meno paranoica delle meccaniche dietrologiche ma cerca di cogliere anche la psicologia e il clima, il che non è sempre scontato da parte di autori di libri-inchiesta.
Tuttavia a parer mio ci sono tre limiti che ne inficiano almeno parzialmente le conclusioni.

Interpretazioni da verificare
Il primo limite è che se si rimarcano le manipolazioni francesi e quelle del blocco sovietico, che furono inequivocabili, quelle israeliane invece si colgono soltanto di rimbalzo essendo stati taciuti molti particolari pure ampiamente emersi nelle memorie di Franceschini e nelle inchieste di Fasanella, al punto che non si cita neppure il rapporto con il Mossad di Duccio Berio, il vice di Simioni, il capo del Superclan che gestiva Hypérion e che nel libro appare come il vero capo delle BR. Stesso dicasi per il ruolo inglese che appare solo tra le righe.
E quelo degli apparati italiani viene in fondo sottovalutato perché non c'è menzione della sostituzione ingiustificata del Questore di Roma proprio alla vigilia del sequestro-Moro né si dà importanza eccessiva alla copertura offerta alla filiale romana di Hypérion attiva durante il sequestro e chiusa dopo l'esecuzione del prigioniero democristiano.
Questo comporta una lettura un po' troppo selettiva che in parte fuorvia.
Il secondo limite sta nella confusione storica.
La copertura istituzionale francese a quell'accademia del terrore viene letta alla luce della Dottrina Mitterrand e si dà per scontato che questa sia la continuazione naturale di quanto costituito dai suoi predecessori.
Viceversa, e qui risiede a mio avviso il principale errore interpretativo del libro, Hypérion fu creatura dall'amministrazione Giscard d'Estaing. Tra Giscard e Mitterrand ci fu molta meno continuità che non discontinuità, specie nei rapporti con il mondo arabo.
Ai tempi del rapimento Moro e delle stragi (Bologna, Monaco, Parigi) l'Eliseo è molto meglio disposto – sostanzialmente non formalmente – verso Israele che non dopo la svolta socialista.
La stessa politica della scuola parigina, crocevia delle lotte armate, varia tra prima e dopo l'avvento di Mitterrand. Lo si evince nei rapporti internazionali in particolare in quelli con i palestinesi (tutti tenuti ai tempi giscardiani in chiave anti Arafat e quindi a favore della strategia della tensione alimentata da Tel Aviv).
Con Mitterrand ciò cambierà; l'Eliseo difatti non solo incoraggerà la frattura tra le organizzazioni militari ma, cavalcando il partito-guerriglia di Senzani e la sua divisione da quello militarista di Savasta, imprimerà all'etero-direzione di quanto resta dellr BR una svolta filo-araba e una rottura con i sovietici. Il che corrisponde perfettamente con il pensiero e l'opera di Mitterrand e del suo speciale gladiatore De Grossouvre, ma non con il suo predecessore, l'ultra.atlantista Desmaranches che non a caso fu uno dei principali depistatori della strage di Bologna.
Non ritengo che sia corretto leggere l'operato di Mitterrand come la continuità dell'istituto giscardiano bensì come il suo smantellamento. E non è una considerazione da poco perché se è vera allora vuol dire che cambia tutto il teorema.
E se cambia tutto il teorema allora c'è di che allarmarsi anche oggi.

Trilateral e la logica arlecchina
Infine mancano sia una domanda che una risposta decisive. Com'è possibile che abbiano convissuto così a lungo, tranquilli e beati nel suolo della capitale francese, non soltanto movimenti di guerriglia internazionale così diversi ma servizi occidentali e orientali in perfetta armonia tra loro?
La ragione probabilmente è semplice: c'era una struttura gerarchica particolare, di stampo “mondialista” in grado di mettere tutti d'accordo se necessario.
E infatti l'amministrazione Giscard faceva capo dichiaratamente alla neonata Commissione Trilateral, che dal 1972 si era impegnata alla ristrutturazione degli equilibri mondiali propugnando la saldatura tra capitalismo e comunismo.
Quella logica, mondialista, oligarchica e supernazionale, era alla base della strategia della tensione.
Ed era in grado di far convivere servizi rivali indirizzandoli senza che ci fossero reazioni significative.
Quella struttura fu la madre di tutte le infamie, di tutte le stragi e di tutte le manipolazioni; era l'arlecchino di tutte le componenti partigiane.
Oggi abbiamo l'impressione, speriamo fondata, che manchi l'apparato-spectre che opererebbe di nuovo nel sangue e nelle torbide manovre.
Ma non manca, anzi è tornata in auge, la Commissione supernazionale che all'epoca la cavalcò.
Speriamo che abbia mutato almeno in parte la sua filosofia.
Speriamolo soprattutto per l'Italia governata da Mario Monti che della Trilateral è l'attuale presidente europeo e da un governo di saldatura capitalista-comunista con forti influenze azioniste: che è insomma nuovamente governata, proprio come negli anni del terrore, da un arlecchino di tutte le partigianerie.
Speriamo bene.

Gabriele Adinolfi

mercoledì 4 gennaio 2012

POCHI SOLDI PUBBLICI, MA SPESI BENE

Pochi soldi, tanto più in prospettiva, ma il Comune vara comunque un piano di opere pubbliche, come manutenzioni di impianti e sistemazione di edifici di sua proprietà, che costerà 750mila euro. Titolare degli interventi è l'assessorato all'edilizia pubblica, guidato da Vittorio Di Dio. Il programma di lavori sta partendo. In primo piano c'è un pacchetto da 100mila euro per riparazioni non più rinviabili all'interno dell'Arena, in seguito al degrado e a danneggiamenti dovuti a cause accidentali.
Un altro intervento di rilievo e non tanto per l'importo (85mila euro) quanto per la finalità sociale, è la manutenzione straordinaria dei locali situati al piano terra di Palazzo Pirelli (adiacente al municipio) per utilizzarli quale nuova sede dell'ufficio del Coordinamento Famiglia Minori Accoglienza. Un'opera necessaria considerando il grande afflusso di pubblico che questa attività comporta.
Si passa poi a un complesso di riparazioni e manutenzioni straordinarie, per 185mila euro, di edifici di interesse storico-artistico, anche in questo caso per danneggiamenti accidentali. Tra i principali interessati alle opere ci sono la biblioteca civica di via Cappello, Casa Boggian in stradone San Fermo, la casa romana di via Zoppi, in Valdonega, l'Arco dei Gavi, la Arche Scaligere, la palazzina di comanda dell'Arsenale, la Casa di Giulietta, Castelvecchio, i portoni della Bra, Porta Borsari, Porta Leoni e Porta Nuova. Per alcuni lavori di sistemazioni di immobili comunale destinati a uffici giudiziari Palazzo Barbieri stanzia invece 50mila euro.
Altri 100mila euro vanno invece per sistemare il tetto della palazzina che ospita gli uffici comunali del settore edilizia privata, in lungadige Capuleti. Un altro immobile di proprietà del Comune in fase di sistemazione sarà quello del settore economato, in via Campo Marzo: la somma stanziata è di 180mila euro. Infine, nella sede della Sesta circoscrizione (in via Zagata, in Borgo Venezia) verrà installata una piattaforma elevatrice, per adeguare la sede alle normativa che impone di abbattere le barriere architettoniche: spesa di 50 mila euro.
«In periodo di magra quanto a risorse economiche pubbliche siamo comunque riusciti a reperire i soldi, nel bilancio 2011, per opere non certo di seconda categoria», spiega l'assessore Di Dio, «come la sistemazione alle coperture della Casa di Giulietta e dei nostri uffici al tribunale, ma anche di quelli dell'economato. Inoltre ricaveremo nuovi uffici di Palazzo Pirelli, da destinare all'accoglienza per il Coordinamento Famiglia Minori, per l'attività dell'assessorato ai servizi sociali guidato dal mio collega Bertacco».
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